domenica 15 marzo 2009

Il titolare non c'è


Ci sono titoli che ci portiamo addosso per tutta la vita.
C'è chi porta un titolo nobiliare. Chi ha un titolo accademico, onorifico o professionale, e lo esibisce su una modesta lapide aurea affissa sulla porta dello studio, e non tollera che il proprio nome sia pronunciato da alcuno (se stesso compreso) senza quel prefisso: dott. prof. avv. ing. PhD. arch. cav. mons. on. comm. geom. rev. rag. S.S. S.A.
C'è chi, invece si porta addosso titoli più informali: infame, stronzo, zoccola, mariuolo, cornuto, fesso, cretino, imbecille, stupido, matto.

“[...] Dunque. Al mondo ci sono i cretini, gli imbecilli, gli stupidi e i matti.”
“Avanza qualcosa?”
“Sì, noi due, per esempio. O almeno, non per offedere, io. Ma insomma, chiunque, a ben vedere, partecipa di una di queste categorie. Ciascuno di noi ogni tanto è cretino, imbecille, stupido o matto. Diciamo che la persona normale è quella che mescola in misura ragionevole tutte queste componenti, questi tipi ideali.”
Idealtypen.”
“Bravo. Sa anche il tedesco?”
“[...] Ma torni alla sua tipologia, Cos’è il genio, Einstein, per dire?”
“Il genio è quello che fa giocare una componente in modo vertiginoso, nutrendola con le altre.”
“Ma i matti?”
“Spero non abbia preso la mia teoria per oro colato. Non sto mettendo a posto l’universo. Sto dicendo cosa è un matto per una casa editrice. La teoria è ad hoc, va bene?”
“Va bene. Adesso offro io.”
“Va bene. Pilade, per favore meno ghiaccio. Se no entra subito in circolo…”

“Allora. Il cretino non parla neppure, sbava, è spastico. Si pianta il gelato in fronte, per mancanza di coordinazione. Entra nella porta girevole per il verso opposto.”
“Come fa?”
“Lui ci riesce. Per questo è cretino. Non ci interessa, lo riconosci subito, e non viene nelle case editrici. Lasciamolo lì.”
“Lasciamolo.”

“Essere imbecille è più complesso. E’ un comportamento sociale. L’imbecille è quello che parla sempre fuori del bicchiere. [...] Se vuole, in termini comuni, è quello che fa la gaffe, che domanda come sta la sua bella signora al tipo che è stato appena abbandonato dalla moglie. Rendo l’idea?”
“Rende. Ne conosco.”

“L’imbecille è molto richiesto, specie nelle occasioni mondane. Mette tutti in imbarzzo, ma poi offre occasioni di commento. Nella sua forma positiva, diventa diplomatico. Parla fuori del bicchiere quando la gaffe l’hanno fatta gli altri, fa deviare i discorsi. Ma non ci interessa, non è mai creativo, lavora di riporto, quindi non viene ad offrire manoscritti nelle case editrici. L’imbecille non dice che il gatto abbaia, parla del gatto quando gli altri parlano del cane. Sbaglia le regole di conversazione e quando sbaglia bene è sublime. Credo sia una razza in via di estinzione, è un portatore di virtù eminentemente borghesi…"

“E lo stupido?”
” Ah. Lo stupido non sbaglia nel comportamento. Sbaglia nel ragionamento. E’ quello che dice che tutti i cani sono animali domestici e tutti i cani abbaiano, ma anche i gatti sono animali domestici e quindi abbaiano. Oppure che tutti gli ateniesi sono mortali, tutti gli abitanti del Pireo sono mortali, quindi tutti gli abitanti del Pireo sono ateniesi.”
“Che è vero.”
“Sì, ma per caso. Lo stupido può anche dire una cosa giusta, ma per ragioni sbagliate.”
“Si possono dire cose sbagliate, basta che le ragioni siano giuste.”
“Perdio. Altrimenti perché faticare tanto per essere animali razionali? [...] Lo stupido è insidiosissimo. L’imbecille lo riconosci subito (per non parlare del cretino), ma lo stupido ragiona quasi come te, salvo uno scarto infinitesimale. E’ un maestro di paralogismi. Non c’è salvezza per il redattore editoriale, dovrebbe spendere un’eternità. Si pubblicano molti libri di stupidi perché di primo acchito ci convincono. Il redattore editoriale non è tenuto a riconoscere lo stupido. Non lo fa l’accademia delle scienze, perché dovrebbe farlo l’editoria? [...] La stupidità ci circonda. E forse in un sistema logico diverso dal nostro, la nostra stupidità è la lor saggezza. Tutta la storia della logica consiste nel definire una nozione accettabile di stupidità. Troppo immenso. Ogni grande pensatore è lo stupido di un altro.”
“Il pensiero come forma coerente di stupidità.”
“No. La stupidità di un pensiero è l’incoerenza di un altro pensiero.”

“Profondo. Sono le due, tra poco Pilade chiude e non siamo arrivati ai matti.”
“Ci arrivo. I matti li riconosci subito. E’ uno stupido che non conosce i trucchi. Lo stupido la sua tesi cerca di dimostrarla, ha la sua logica sbilenca ma ce l’ha. Il matto invece non si preoccupa di avere logica, procede per cortocircuiti. Tutto per lui dimostra tutto. Il matto ha una idea fissa, e tutto quel che trova gli va bene per confermarla. Il matto lo riconosci dalla libertà che si prende nei confronti del dovere di prova, dalla disponibilità a trovare illuminazioni. E le parrà strano, ma il matto prima o poi tira fuori i Templari
.”

“Sempre?”
“Ci sono i matti senza Templari, ma quelli con i Templari sono i più insidiosi. All’inizio non li riconosci, sembra che parlino in modo normale, poi, di colpo…” Accennò a chiedere un altro whisky, ci ripensò e domandò il conto. [...]
“[...] Per essere la prima sera che smetto di bere, mi sento alterato. Dev’essere la crisi di astinenza. Tutto quello che le ho detto, sino a quest’istante compreso, è falso. Buonanotte, Casaubon.”

Ci sono titoli che per tutta la vita ci portiamo dietro:
i titoli delle opere d'arte e di cultura di cui abbiamo sempre sentito parlare e che non abbiamo mai visto-guardato-ascoltato-letto-subìto: Guernica, Il pendolo di Foucault,
La Corazzata Potëmkin, ad esempio.
Poche volte nella vita ho avuto occasione di fare il "culo di gallina". E' così che io definisco coloro che hanno un'opinione forte su ogni argomento: culi di gallina. Ci sono persone, insomma, sempre pronte a vomitare l'uovo disperato della propria saccenza sullo sprovvedimento generale. Ora, io tendo a diffidare da chi ha un'opinione forte su ogni argomento. Confido che la gente, anzi, non abbia (perlopiù) un'idea vera sulla gran parte di quelli che definiremmo "argomenti di interesse comune". Ed è proprio su quest'apatia diffusa che i culi di gallina depongono e covano le loro uova: uova che di primo acchito parrebbero d'oro, come la targa affissa sulla porta degli uffici o degli studi; ma poi se le guardi più da vicino ti accorgi che sono, ahimé, incrostate di merda d'uccello.
Tempo fa m'è capitato di smascherare un culo di gallina. Si parlava di Fantozzi, io e lui. Storicamente, per me Fantozzi è un argomento di spiccato disinteresse, epperò si sa: malgrado il prezioso contributo che la saga ha conferito al processo di idiotizzazione dei neoalfabeti negli anni '80, di Fantozzi si ha da parlare sempre con un certo rispetto. Ma il fatto saliente è questo: come spesso accade quando si parla di Fantozzi, nel giro di tre o quattro frasi finimmo per citare la Corazzata Potëmkin. Il culo di gallina - evidentemente privo di quel senso dell'ironia che a Salce non mancava - volle sostenere, ahilui, che il film di Sergej Michajlovič Ejzenštejn durasse quattro ore e mezza (il rag. Fantozzi parla di 18 bobine). Ebbi buon gioco nel dimostrargli, enciclopedia alla mano, che la "cagata pazzesca" dura poco più di un'ora. Essere capaci di simili obiezioni è uno dei rari retaggi-vantaggi di una laurea in Dams.
Ci sono titoli che ti inseguono, ti perseguitano, titoli che slittano l'uno sull'altro, si confondono; titoli che sfuggono a qualsiasi ricerca e si lasciano trovare quando non ti interessano più, quando li hai dimenticati.
Ho cercato L'uomo di Rio, di Philippe de Broca, con Jean-Paul Belmondo, Francia '63.
Ho creduto di aver trovato quello che cercavo nel Ladro di Baghdad, film britannico in Technicolor, 1940.
Ho sostituito l'errore con un altro errore incappando in un malriuscito adattamento cinematografico del romanzo di Ira Levin che sfogliai, forse, una volta da bambino: I ragazzi venuti dal Brasile; ho confuso loro con Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino.
Mi gira la testa.

2 commenti:

Radio Pazza ha detto...

Eh già ... il libro. Che ricordi ci creammo nel vano tentativo di emulare tale vita.

Bak

ps. LE MAT è l'arcano senza numero

Domhir Muñuti ha detto...

...uhm... cioè?