venerdì 10 aprile 2009

Sette Latte

è un'epoca laida.
sarà il fondente nero di questa pagina. sarà questo che mi ha trattenuto a lungo dallo scrivere. o forse l'inutilità del gesto, o il fatto di non avere niente di buono da raccontare. un buon racconto ti tiene in vita.
del resto c'è un tempo per raccontare e un tempo per fare tutto il resto, tutto ciò che non è raccontare ma -così dicono- è vivere, o qualcosa di simile.

tutto quello che riesco a dire è che mi dispiace.
mi dispiace il nero fondente, mi dispiace il disordine, mi dispiace l'incertezza, il delirio, la cattiveria di cui sono capace per incapacità di vivere, di raccontare.
non c'è sconfitta, c'è solo un bruciore. e mi tiene in guardia, mi tiene in vita, questo bruciore.
vittorini diceva che ci sono due categorie di scrittori: quelli che ti fanno dire: è proprio così; e quelli che ti fanno dire: non ho mai pensato che potesse essere così.
tutto ciò che so dire io ora -a parte che mi dispiace- è questo: non ho mai pensato che potesse essere così. come se leggessi il libro di uno scrittore un po' svitato; henry miller, per esempio. un gorgo di accadimenti fastidiosi, brucianti, caustici, superflui. una storia il cui protagonista è una comparsa, una vittima designata, gesù cristo, pinocchio, ulisse.

i miei sono accadimenti generati dal fatto che io, a volte e per lunghi tratti, non sono in grado di guardare in faccia le cose e comportarmi da cristiano.
dico "cristiano" come lo direbbe carlo levi, per intenderci. anche se non ho letto il romanzo.

resta il fatto che ho sbagliato qualcosa di grosso. e a pensarci, mi fa male anche il fatto che nessuno commenterà questo post, nessuno se ne sbatterà niente di questo, di questo racconto sconnesso, un po' maledetto, un po' spigoloso, sicuramente vuoto, poco interessante.
ma non c'è sconfitta, c'è solo un forte senso di gravità.
riesco solo a dire che mi dispiace. è un po' di tempo che rinuncio alla coerenza, alla dignità, al sogno, all'ambizione. mi dispiace molto, questo mi fa essere ingiusto, fino alla follia, o quasi.
si dovrebbe -e uso il condizionale-, si dovrebbe, dicevo, squarciare il nero fondente e assaggiare il sapore del latte. sprofondare con il muso nel latte, quasi annegarci dentro, come un cucciolo. ecco l'unica felicità possibile: il latte.

sarebbe bello che il bianco abbacinasse tutto, cancellasse ogni suono, ogni rumore. che dalla cecità e dalla sordità nascessero tonalità nuove, diversamente belle.
ma anche no, per usare un'espressione abusata: anche no. i colori sono quelli che sono, sfumature infinite di uno spettro circolare, eppure percettibili come 7 bande distinte nell'arcobaleno (mi sono sempre chiesto che fine facciano il marrone e il rosa). e così le note, infinite eppure eternoritornanti, innumerevoli eppure 7.
curiosa similitudine: do re mi fa sol la si, rosso arancione giallo verde blu indaco e violetto, sette colori e sette suoni.
sette spose per sette fratelli.

sono un intransigente. questo mi ferisce nel profondo, mi strappa via le viscere, mi fa sentire vuoto e superfluo. sono un intransigente, come la storia e l'esperienza, che riducono tanto la luce quanto il suono ad una scala di sette gradini.

chiedo davvero di essere perdonato.

6 commenti:

Memorie di un pesce rosso ha detto...

Non vorrei fare inutile retorica sbiadita e consumata da troppi lavaggi, ma la risposta alla tua domanda è semplice. Chi ti vuole bene ti perdonerà sempre, ma non bisogna adagiarsi su questa certezza, il perdono và sempre cercato e meritato.
Spero di non risultare odioso.
Questo tuo stato mi porta a collegare il tuo personalissimo pianto asciutto al latte di cui sopra, e ne risulta, dalla matematica contadina, quella questione del piangere sul latte versato.
comincerei col cambiare colore a questo blog.
no so quanto latte ci sia in un fondente nero novi al 99%, ma di sicuro potresti trovarne nel galak.

Domhir Muñuti ha detto...

il perdono va chiesto. io di solito non ce l'ho con chi mi tratta male, ma con chi non sa chiedere perdono.
le ragioni per cui non si chiede perdono sono sostanzialmente due: 1. si è convinti di essere sempre nel giusto; 2. non si è abbastanza umili per farlo e si preferisce vivere con sensi di colpa che prima o poi fanno tappo, come il colesterolo.

Prisma ha detto...

Mi hai ricordato una bellissima scena di Nuovo Mondo di Crialese... Quel surreale bagno nel latte dei due protagonisti.
Intransigente? A chi lo dici... :)

Domhir Muñuti ha detto...

Chissirivede!

Unknown ha detto...

Assieme a Gesù Cristo, Pinocchio e Ulisse ci metterei anche Candido.

Bak

Radio Pazza ha detto...

http://www.etimo.it/?term=transfuga

cliccaci e leggi