ora mi è chiaro: scrivo per il piacere di rileggermi. ed è solo per questo che imbottisco le mie trovaglie di ingredienti untuosi e talora indigesti. mi piacerebbe saper scovare le mie pietanze nei boschi o nei fiumi, e sapere come coglierle e pescarle, eppure la mia atroce pigrizia mi porta ancora a stanare le parole tra le mura albine di una cucina, cacciando io la testa nel frigo, anche sei o sette volte al giorno, anche di più, anche senza aver fame, anche senza mangiare poi nulla, solo a voler vedere che tempo fa nel mio scaffale, che misura hanno le mie uova, e se non abbiano per caso cambiato misura, e come se la cavano i miei cubetti di pancetta, le mie zucchine, e quanto resta da vivere ai miei formaggi da quattro soldi, ai miei pelati in scatola.
oppure le parole le cerco in bagno, il solo posto dove posso togliermi lo sfizio di sfanculare uno stronzo senza tanti complimenti, dove posso leggere tutta d'un fiato l'etichetta di una confezione di carta igienica senza vergognarmene (magari nell'atto stesso di sfanculare uno stronzo, e vogliate perdonarmi se insisto con questa volgarità, che a dispetto delle apparenze non è affatto gratuita, ovvero mi costa assai, perché non amo essere considerato una persona volgare, non nel senso volgare del termine; e nemmeno amo indurvi a disegnare con esattezza nelle vostre menti la mia solitudine escretoria; però ogni tanto è doveroso dire le cose come stanno, non sia mai che ci dimentichiamo il fatto di essere umani), dove posso guardarmi allo specchio e fare le facce, pettinarmi da idiota, mettermi gli occhiali rotti e sganciare un sorriso da locandina elettorale -con una naturalezza che nella vita sociale non mi riesce per via della mia dentantura irregolare- e misurarmi il girovita con il filo interdentale, e via discorrendo.
bisognerebbe avere i coglioni di scrivere come si parla, come si mangia, invece di stare sempre lì a voler provocare lo strabuzzo altrui. invidio chi non si sforza di piacere, chi salta a pie' pari i problemi di forma e senza fiatare dà un verso alle proprie sostanze, proprio come si fa coi propri rifiuti organici, tanto per tornare -con toni stavolta accettabili, nevvero?- su un campo semantico a me caro.
ma, vedete, che speranza ho io, se scrivo "proprio" tre volte nel giro di otto parole? se lo facessi apposta allora sarei un poeta, evviva il poeta!, ma io sono sgraziato di natura, sono perennemente distratto dalle forme secche, sinuose o panciute dei caratteri che batto, non sono poeta, non sono nemmeno prota, e ogni mio sforzo è volto a dispiacere, a non farmi capire da nessuno e per nessuna ragione al mondo.
se non ci riesco -il che è molto probabile-, se ancora qualcosa vi arriva, ô miei sparuti fedeli e grati amabili seguaci inesistenti, allora sì che ho perso tutto, ho fallito fino in fondo, perché non ho ottenuto quello che volevo, quello per cui mi sforzavo. e questo fallimento è cibo per la mia inedia.
cibo per la mia inedia: trovatemi qualcuno che sia capace di simili spirali retoriche.
oppure le parole le cerco in camera, sul disfare del giorno, insieme a te che giustamente non conosci la parte e non puoi suggerirmele, se anche lo volessi.
11 commenti:
Io credo tu sia un gonista ...
E poi sei troppo educato per essere te stesso, non scrivere più tali volgarità se non supportate da un sentimento vero di rivalsa ed onestà.
Riverenze
Bak
che cazzo di minchia è un fottuto gonista?
no, aspetta.
rewind.
di cazzate in bagno ne faccio anch'io (tipo barchette con gli asciugamani e roba del genere), ma non mi era MAI neanche lontanamente passato per la testa di misurarmi il girovita con il filo interdentale.
MAI.
parola di verifica: trubelun
hhahahha, nemmeno a me, a dire il vero.
ISCRE
c'è una certa familiarità nel caricare il peso dell'intelligenza che non ti apre le porte del mondo e non rispetta le aspettative, a volte nemmeno quelle di senso (o sesso) opposto.
e c'è un strana attitudine nell'arrotolarsi a suon di gustose e musicali parole.
insomma mi suona davvero bene lo scritto perchè rispetta l'assoluta mancanza di linearità (nel senso di segmento che da A porta invitabilmente a B).
rispetto di conseguenza quella che a tutti gli effetti è la necessità di scrivere.
non apprezzo il nero dello sfondo che quando finisci di leggere ti restano le parole sulla retina e l'ottico della tua testa che ti consiglia occhiali più forti.
bravo
saluti itali(di)oti.
anonimo luca.
anche io trovo una certa familiarità nelle tue parole, soprattutto nell'esempio del segmento AB.
qualcosa però non mi torna: non credevo che ti attardassi in casa, o comunque davanti ad un computer, fino all'orario indicato in fondo al tuo commento.
ho alleggerito il colore dello sfondo, in effetti quel contrasto faceva male agli occhi. va meglio ora?
http://www.minimumfax.com/libro.asp?libroID=164
e
http://www.minimumfax.com/video/2002/12/31niente_trucchi.pdf
mosca! carver l'ho letto. ma mi stai dicendo che devo smetterla coi trucchetti?
no, mi rifacevo ad una tua frase del post
cito:
"bisognerebbe avere i coglioni di scrivere come si parla, come si mangia, invece di stare sempre lì a voler provocare lo strabuzzo altrui"
Carver sta li apposta. Poi quanto è difficile metterlo in pratica è una altro paio di maniche (puttana eva...)
ah, ecco!!! e noi ci proviamo, e prima o poi ci riusciamo.
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