mercoledì 7 luglio 2010

wip


nel vivo della notte, che lo si voglia o no, la gravità delle ore e degli anni si fa sentire un po' più cinicamente del solito, e là non bisogna cascare nella trappola, non bisogna mettersi a cercare una soluzione o a tirare una conclusione. una volta che si è imparato questo, la vita intera si fa un tantino più semplice.
ma una cosa è certa: se è di notte che si può scrivere, ed è di giorno che perlopiù si può lavorare; e se è scrivendo che si pensa ed è lavorando che si smette in qualche modo di pensare, allora è quasi inevitabile che i pensieri sul tempo e sullo spazio -i miei, almeno- siano abitualmente un po' macchinosi e spiroidi.

di qui, l'urgenza di trovare un lavoro diurno fatto di pensieri e una quantità di occupazioni serali e notturne votate al depensamento.

l'affare è complicatissimo, perché per lavorare coi pensieri ci vuole coraggio, e per depensare nel tempo libero ce ne vuole anche di più. e poi è complicato anche perché il lavoro è una tenaglia, è una droga prepotentemente additiva. ma qui bisogna fare attenzione, perché in realtà l'aspetto inquietante non risiede tanto nel lavoro in sé, quanto nella necessità di guadagnarsi o comunque ottenere in qualche maniera i mezzi necessari a sopravvivere.

inoltre, per poter lavorare coi pensieri, oltre al coraggio ci vuole la certezza della sopravvivenza. la chiave -che tecnicamente non so quale sia- va innestata lì, in uno stoico punto di equilibrio tra certezza e coraggio; e mica è facile, perché la certezza svigorisce silenziosamente il coraggio, che logicamente è legato a doppio filo con l'incertezza.

del resto l'incertezza può anche scoraggiare, ma questo è decisamente un altro paio di maniche, che val bene non indossare, almeno per il momento.

forse l'errore da evitare è porsi da sé in una condizione di incertezza per alimentare il proprio coraggio. ed è un errore perché l'incertezza vige sempre e comunque, che la si voglia o no.

il primo passo verso la soluzione del dilemma coincide con l'impegno a rispondere alla seguente domanda:
sono certo del mio coraggio?

nessuno vi ha chiesto di arrivare fin qui.

3 commenti:

Prisma ha detto...

Dilemmi in cui mi riconosco, seppur con le dovute differenze. Non so te, ma personalmente fatico ancora a trovare quella necessaria disciplina per lavorare senza troppo pensare.
Per poter, un giorno, lavorare anche coi pensieri, mi sono imbarcata in un'impresa assai più grande di me, col rischio di rimanerne schiacciata. Poco importa. Ho voluto comunque tentare. Vedremo chi l'avra vinta, se il "destino crudele", in cui io non credo, o la mia testarda pellaccia. Nonostante tutto, non so ancora rispondere alla tua domanda...

Domhir Muñuti ha detto...

il mio problema è che non mi sono ancora imbarcato in un'impresa :)

grazie per i tuoi commenti, sei praticamente l'unica persona che mi segue.
forse devo rilanciare un po' il blog..

Prisma ha detto...

Beh, spero solo che quella in cui mi sono follemente imbarcata io non si riveli fallimentare... :D Diciamo che le circostanze non mi remano molto a favore... Vedremo chi la spunterà.

Non ringraziarmi, mi fa davvero piacere sia leggerti che commentarti. Sai, non credo di essere l'unica a seguirti, credo che siano molti i lettori silenti.
E comunque anche il mio blog sembra un'isola remota... :)