mercoledì 18 novembre 2009

Versi quel che versi



ed ho sorriso con un inchino


ma avevo il cuore 


a fazzoletto


stretto nel pugno di un bambino


col raffreddore



...



(a maurizio guerrucci)


mio caro amico mio, non si sa come

e dov’eri mai la seconda volta

quando al citofono, sì, c’era il nome

però la rosa l’avevano tolta

grazie per quel panino col salame

per quella birra calda, per tua moglie

per le racchette, i giochi col pallone

per la canzone


...


ho fame, ed è notte, si dorme

ho sonno ed è ora di andare

giornata distorta, con roma che è morta

valigie da fare, disfare

ti prego non dire pazienza

non dire lavoro, lavoro

il tempo che ingrassa, la luce che spezza

le ombre di gatti nel foro

ma passano i giorni più tristi

e arrivano canti di merlo

tra gli alberi fissi, le foglie ed i cesti

di pane del forno (ad averlo)

è già mezzogiorno, si mangia

è già mezzanotte, si spia

attorno alla chiave, la luce che filtra

e lui che con lei... mammamia!

ho fame ed è giorno, si mangia

ho sonno ed è tempo, si muore

giornata perfetta, con roma che aspetta

l'amore

lunedì 16 novembre 2009

De rerum satura

ora mi è chiaro: scrivo per il piacere di rileggermi. ed è solo per questo che imbottisco le mie trovaglie di ingredienti untuosi e talora indigesti. mi piacerebbe saper scovare le mie pietanze nei boschi o nei fiumi, e sapere come coglierle e pescarle, eppure la mia atroce pigrizia mi porta ancora a stanare le parole tra le mura albine di una cucina, cacciando io la testa nel frigo, anche sei o sette volte al giorno, anche di più, anche senza aver fame, anche senza mangiare poi nulla, solo a voler vedere che tempo fa nel mio scaffale, che misura hanno le mie uova, e se non abbiano per caso cambiato misura, e come se la cavano i miei cubetti di pancetta, le mie zucchine, e quanto resta da vivere ai miei formaggi da quattro soldi, ai miei pelati in scatola.
oppure le parole le cerco in bagno, il solo posto dove posso togliermi lo sfizio di sfanculare uno stronzo senza tanti complimenti, dove posso leggere tutta d'un fiato l'etichetta di una confezione di carta igienica senza vergognarmene (magari nell'atto stesso di sfanculare uno stronzo, e vogliate perdonarmi se insisto con questa volgarità, che a dispetto delle apparenze non è affatto gratuita, ovvero mi costa assai, perché non amo essere considerato una persona volgare, non nel senso volgare del termine; e nemmeno amo indurvi a disegnare con esattezza nelle vostre menti la mia solitudine escretoria; però ogni tanto è doveroso dire le cose come stanno, non sia mai che ci dimentichiamo il fatto di essere umani), dove posso guardarmi allo specchio e fare le facce, pettinarmi da idiota, mettermi gli occhiali rotti e sganciare un sorriso da locandina elettorale -con una naturalezza che nella vita sociale non mi riesce per via della mia dentantura irregolare- e misurarmi il girovita con il filo interdentale, e via discorrendo.
bisognerebbe avere i coglioni di scrivere come si parla, come si mangia, invece di stare sempre lì a voler provocare lo strabuzzo altrui. invidio chi non si sforza di piacere, chi salta a pie' pari i problemi di forma e senza fiatare dà un verso alle proprie sostanze, proprio come si fa coi propri rifiuti organici, tanto per tornare -con toni stavolta accettabili, nevvero?- su un campo semantico a me caro.
ma, vedete, che speranza ho io, se scrivo "proprio" tre volte nel giro di otto parole? se lo facessi apposta allora sarei un poeta, evviva il poeta!, ma io sono sgraziato di natura, sono perennemente distratto dalle forme secche, sinuose o panciute dei caratteri che batto, non sono poeta, non sono nemmeno prota, e ogni mio sforzo è volto a dispiacere, a non farmi capire da nessuno e per nessuna ragione al mondo.
se non ci riesco -il che è molto probabile-, se ancora qualcosa vi arriva, ô miei sparuti fedeli e grati amabili seguaci inesistenti, allora sì che ho perso tutto, ho fallito fino in fondo, perché non ho ottenuto quello che volevo, quello per cui mi sforzavo. e questo fallimento è cibo per la mia inedia.
cibo per la mia inedia: trovatemi qualcuno che sia capace di simili spirali retoriche.

oppure le parole le cerco in camera, sul disfare del giorno, insieme a te che giustamente non conosci la parte e non puoi suggerirmele, se anche lo volessi.