prima che la sera tardi, prima che la notte fonda, bisognerà che il lettore medio capisca il congiuntivo.
mi hanno fatto notare che abito in un paese tranquillo, Lilas. un paese dell'est, quel tanto che basta lontano dal brusio; la mia stanza è oramai una spaziosissima soffitta e accoglientissima. è davvero un posto da scrittori, questo. un posto non da cani, non da topi, né da zanzare. un posto da leopardi, forse. con l'unzione postuma di un ottimismo erasmico, ma senza tutto quel rincoglionimento tardadolescenziale, grazie al cielo.
è un posto, allora, che fa per me, io che non sono iscritto agli scrittori e mai lo sarò, ma che ho deciso, una volta tanto, di ardire allo statuto d'artista, come tutti gli artisti fanno da che mondo è sfondo.
te lo fai scrivere sul documento, ed ecco fatto, lo sei. come me, che settimane fa -poche- all'impiegata della posta dissi: musicista. e quella lì sulla mia scheda ha scritto musicista, senza fiatare o distogliere mai lo sguardo dalla sozzura che la punta della biro sua andava lasciandosi dietro -sul foglio pocoanzi non dico bianco ma insomma quasi- in quel dissennato, sciagurato sfregamento: tant'è che per le poste francesi, se glielo chiedi, quel tale di nome beluga higuerra in Arte transfuga è nientepopodimenoché un musicista.
un musicista assurdamente privato di ogni strumento, ivi compresa quella fantasia burda e merlettosa di cui un tempo le sue meningi furono dolorosamente gonfie, come due coglioni.
insomma mi han fatto notare che c'è tutto quel che serve, nella casa e nel quartiere. e nella limitrofa città, vabbè, grazie al cazzo. e io da me ci avevo fatto caso, per carità; ma certo: se qualcuno mi è d'accordo allora tutto assume una credibilità francamente diversa.
mi hanno fatto notare che non c'è da chiedersi o da voltarsi, che non c'è da piangere o da capire un bel niente.
non ho chissà quanto tempo per certe riflessioni aride; ho più tempo, molto più tempo per qualche affondo di spensieratezza.