venerdì 27 agosto 2010

L'atto II nell'epoca dell'irriproducibilità

negli ultimi giorni riaffiorano alla mia coscienza ricordi che non ricordavo.
ciascuno di essi si sostituisce al precendente, rigettandolo nuovamente nell'oblio, forse -chissà- per sempre. cosicché ora ho ben presente l'ultimo dei ricordi affiorati, e so che è andato a sostituirne uno che non ricordo già più. se il concetto non fosse chiaro.
chi mi conosce sa che non parlerò di eventi, ma di scatole vuote, anche stasera. basti sapere che quei ricordi vengono a ricordarmi cose che sono stato e che, in certi casi, non ho più voglia di essere. motivo di più per non svelarne a terzi il contentuto, che pure non è, o almeno non sarebbe, da censurare.
una collega di lavoro più anziana di me, oggi mi ha detto: questa è l'età.
riferendosi alla mia, di età.
non so se sia questa l'età, e se anche l'età fosse questa, la domanda è: l'età per cosa?
ma quella domanda alla mia collega non l'ho fatta, la risposta sarebbe stata ridondante, avrebbe creato un imbarazzo, avrebbe svuotato la conversazione, perché il bello era proprio lì, in quel non detto.
io, da parte mia, sempre oggi -significativamente non ricordo se prima o dopo- ho detto ad un'altra collega, mia coetanea, che sarebbe bello avere vent'anni. anzi: ho detto solo: eh, avere vent'anni.
ma so perfettamente che non è vero. quando penso a quanto sarebbe bello avere vent'anni, mi immagino la mostruosa combinazione dei miei vent'anni con la testa che ho adesso. il vantaggio di avere vent'anni con una testa da trentenne è persino ovvio: l'età legittimerebbe istanze, possibilità e diritti che la solidità e la concretezza di un cervello più maturo saprebbero trasformare in realtà ed effetti. forse.
comunque, risolvere il problema fingendosi anagraficamente più giovani significherebbe togliersi la sete col prosciutto.
ovvero staremmo tentando di debellare un bug identitario installando un altro bug identitario. e poi, per fare le cose come si deve, bisognerebbe falsificare il documento.

cambiando discorso, senza cambiarlo per davvero, tra ieri e oggi mi si è chiarita un'idea. anche grazie alle parole di un amico.

buonanotte ai suonatori.

lunedì 23 agosto 2010

L'atto sessuale nell'epoca della sua riproducibilità tecnica

ci sono persone suscettibili di uscire dal proprio corpo per rientrarci subito dopo in qualità di ospiti. è una specie di metemsomatosi allo specchio, che qualcuno giustamente definisce narcisismo. ma non sia mai che in questa sede ci si occupi di psicanalisi.
qui è da sempre l'angolo della sconfessione, delle excusationes non petitae e soprattutto dei tarallucci, del pane, del vino, del salame di cesare e di quello di dio. e se "cesare" è verosimilmente il nome di un pizzicagnolo, "dio" fu quello di una rockstar ma starebbe bene anche addosso ad un pornodivo.
torniamo a noi, per modo di dire. qui è il bingo dell'autoespropriazione, l'ultimo baluardo di un linguaggio delle tre carte che da millenni oramai sta passando di moda. e oggi qui c'è in atto un processo senza giudici e senza avvocati, con l'imputato che giace in nessun posto in posizione fetale.
il lupo stregoniere, il civettuolo delle notti di mezzaluna, il coniglio mannaro, ladro di minuscole ore vacue, sembrava aver compiuto un altro dei suoi colpi nefasti, salvo che (anzi: proprio perché) sul più bello, quando già stringeva il sacco tra le fauci e aguzzava le iridi gialle nel buio per rinfilare il passo verso il rifugio, l'hanno rincorso i metronotte e gli hanno sparato addosso colpi di sale, cagionandogli certe piaghe così dolorose che a metterci il dito dentro non fa alcuna differenza. e ora si lecca le ferite con gran godimento autocannibalistico, e con una palla da bowling appesa alla perla nera che per grazia divina si ritrova al posto del cuore.
poiché, una volta rientrato al nascondiglio, alla tana, apre il sacco e ci trova dentro forse ceci, forse soldi di cioccolato, residuo stantio di una vecchissima calza della befana, o forse niente di niente.

da wikipedia:

Una particolare forma di narcisismo è quella legata alle nuove tecnologie, ed al web, viene definita narcisismo digitale simile per certi aspetti all'egosurfing, che si caratterizzerebbe per uno smoderato culto della personalità, dell'apparire e di esibirsi sul web con i propri scritti, foto, video e messaggi; complici le applicazioni web 2.0 che consentono a qualsiasi utente di creare contenuti autoprodotti con estrema facilità. Per alcuni autori, come Andrew Keen (nel suo libro The Cult of the Amateur) il web partecipativo fatto di blog, video-audio-foto sharing (autoprodotti), twitter, mashupfacilita la creazione di prodotti autoreferenziali, autocitazioni che vanno a gratificare appunto il narcisismo digitale. Il narcisismo individuale si connette spesso a quello culturale, Jean Baudrillard, così in una società consumata l'individuo tende a fuggire verso una consumazione della propria immagine, con forme di negazione dell'alterità affogondola in compiacimenti autoreferenziali. Questa definizione mi sembra affine con quella di Postmoderno, dove come Baudrillard, occorre che questa imago sia venduta per essere contentuto a rischio di patologie, mentre la scrittura narcisistica, può essere "scoperta" e quindi può essere recuperata come riparazione di ferite, di danni subiti, di oltraggi vissuti nel mondo reale dalle persone - dona attraverso questa piccola esposizione portatile, un'esperienza psicologica affine ad un prodotto diaristico in cui il soggetto può ritrattare, superare, riparare i traumi senza che questo debba divenire un prodotto feticistico: restituisce la ferita narcisistica al quadro della rielaborazione propria e creativa.

martedì 17 agosto 2010

Nel buco del culo della notte

da anni non lavoravo di notte. m'ero dimenticato che luce c'è, quanto è salata l'aria, e tutte quelle cose lì, non le ricordavo, non ricordavo che fossero così. sono cose che ho descritto altrove e che non ho voglia di ripetere.
le dita pesano e c'è poco da fare, qui. e forse c'è anche poco da dire.
mi sono rintanato in un angolo in cui nessuno verrà a disturbarmi. forse mi sono nascosto fin troppo bene, rischio di non ritrovarmi nemmeno io. a dire il vero mi piacerebbe pure, che mi stanasse qualcuno. perché mai ci si nasconde, allora? non è forse perché qualcuno ci stani, che ci nascondiamo?
a meno che il nascondersi non sia un modo per temporeggiare. prima o poi chi ci cerca si stancherà di cercarci, abbandonerà il campo, e allora potremo uscire allo scoperto. ma non sarà pur sempre per andarci a nascondere altrove, che usciremo?
se invece l'obiettivo è essere trovati, il fatto che chi ci cercava smetta di cercarci potrebbe rappresentare un problema. perché se stavamo giocando a nasconderci e nessuno ci cerca più, il gioco finisce. e ci ritroviamo nascosti come degli imbecilli, e magari il tempo passa e facciamo la fine dei soldati giapponesi sui monti di Mindanao, ignari per decenni che la guerra fosse finita.

e chi vuoi mai che mi trovi domattina alle 7, poi, quando uscirò di qui e il sole non sarà spuntato ancora.
chi vuoi che mi trovi in metropolitana. ogni viaggiatore sarà qualcuno che si nasconde, a quell'ora. qualcuno che si nasconde in un vagone di metropolitana.
o qualcuno che va a nascondersi in un qualche angolo d'ufficio, come sto facendo io stasera, stanotte.
e quando sarò giunto a casa andrò a nascondermi al terzo piano della magione, nella stanza, dietro una finestra, sotto una coperta. in un sonno profondo, mi nasconderò. un sonno del peso e del sapore di una gigantesca lacrima amniotica.
sarò un feto che sta bene lì, che non vuol nascere, almeno per il tempo di un sogno, magari due sogni, non di più. perché poi si nasce, c'è poco da fare.
e, come disse il tale, quando sei nato non puoi più nasconderti. vabbè, non avrei mai voluto dover fare questa citazione.
in breve, siamo tutti qui. chi ci cerca ci trova, perché chi cerca trova. è un detto che vale per le cose quanto per le persone.
nel mentre sono stato trovato da una beneficiaria, che dalla spagna chiamava perché tirassi fuori dalla merda lei e la sua famiglia, accidentati in macchina in un buco di culo di mondo, non lontano da Cordoba.